Quando due umani s'incontrano

Quando due umani s'incontrano, in ciascuno di essi si attivano una serie di processi automatici inconsci il cui scopo è quello di stabilire come comportarsi verso l'altro. Sarebbe utile rendere coscienti tali processi per migliorarli.


Quando due umani si incontrano (realmente, virtualmente o col pensiero) essi negoziano, rinegoziano o confermano (consciamente o inconsciamente) i ruoli e i livelli gerarchici reciproci che regoleranno le loro prossime interazioni.


Quando due persone si incontrano, nelle loro menti scattano dei meccanismi automatici più o meno consapevoli che mirano a stabilire il tipo di relazione da applicare l’una verso l’altra. Tra le altre cose, ognuno deve stabilire se adottare un atteggiamento cooperativo, competitivo oppure di indifferenza verso l’altro, se considerare l’altro una minaccia oppure un’opportunità, chi tra i due sia più competitivo, cosa rivelare e cosa nascondere della propria storia, dei propri pensieri, dei propri sentimenti e dei propri giudizi verso l’altro; ognuno deve farsi un’idea di cosa potrebbe ottenere di buono e di cattivo dall’altro e deve cercare di interpretare cosa l’altro pensa di lui, cosa si aspetta da lui, ecc.

Ognuno deve stabilire cosa offrire e cosa chiedere all’altro, cosa concedere e cosa negare, e quali ruoli assumere nei confronti dell’altro.


Quando due individui si incontrano, in ciascuno di essi si attiva un automatismo inconscio che mira a stabilire quale atteggiamento assumere verso l’altro. Tale atteggiamento può essere più o meno amichevole o ostile, cooperativo o competitivo, fiducioso o diffidente ecc. L’algoritmo che determina l’atteggiamento da tenere verso l’altro tiene conto simultaneamente di vari fattori che possiamo solo ipotizzare. Tra di essi suppongo vi sia un’interpretazione del modello di comportamento altrui e una stima della compatibilità di tale modello con il proprio.


Quando due intelligenze si incontrano, esse tentano di dialogare costruttivamente, ma il tentativo fallisce quando l’una si accorge che i presupposti e i pregiudizi dell’altra sono inconciliabili con i propri. E allora esse decidono di andare ognuna per la sua strada oppure l’una cerca di modificare l’altra affinché si adatti ai propri presupposti e pregiudizi, e a tale scopo cerca di demolire le idee altrui con argomenti che l’altra parte rifiuta di prendere in considerazione per un istinto di autodifesa e di conservazione.


Quando due persone si incontrano, succedono tante cose, a livello conscio e ancor più inconscio, che determinano un certo tipo di interazione e la sua durata. Algoritmi inconsci classificano l’interlocutore (in amico, nemico o cosa da usare) secondo la mappa cognitivo-emotiva di ciascuno, e danno luogo ad aspettative e a supposizioni di aspettative altrui; bisogni, desideri e sentimenti si attivano e vengono alimentati o frustrati in base a tali aspettative; si determinano inibizioni e opzioni di comportamento; si delineano interessi comuni, interessi diversi e conflitti di interesse, si esaminano possibilità di cooperazione; si attivano attrazioni e repulsioni in base a percezioni estetiche e cognitive; si fanno calcoli economici, energetici e politici di una eventuale interazione (costi e benefici); si valuta la salute mentale dell’altro, le sue potenzialità e incapacità, le sue differenze rispetto alla gente comune e a se stessi; si constatano affinità e incompatibilità; ci si misura con l’altro per stabilire chi è più competitivo; si valutano i rischi di una interazione rispetto ai rapporti con altre persone; si considerano diritti, doveri, obblighi, divieti e gradi di libertà e creatività applicabili ad una eventuale interazione; si attivano curiosità, domande, spinte narcisiste e slanci di generosità, empatia, apatia, voglia di aiutare o di combattere, si determinano comprensioni e incomprensioni, approvazioni e disapprovazioni, un senso di comune appartenenza o di estraneità; si interpretano le motivazioni e intenzioni altrui; si immaginano scenari di possibili interazioni, ecc., e, tutto ciò considerato, si decide quali passi fare, il livello di intimità fisica accettabile da ciascuno, se e quanto avvicinarsi o allontanarsi, dare, prendere, difendersi, offendere, offrire, proporre, cosa dire e cosa non dire, cosa mostrare e cosa nascondere, cosa fingere, come manipolare l’altro a proprio vantaggio; si cercano temi di conversazione appropriati accettabili da ambo le parti; si stabiliscono i possibili ruoli e livelli gerarchici reciproci; si decidono i rituali da eseguire; nascono speranze, si consumano delusioni, si sviluppano paure ed entusiasmi, ansia e fiducia, eccitazione e noia.


Quando due persone s’incontrano, interagiscono rispettando inconsciamente dei protocolli di interazione. Il protocollo viene scelto tra quelli previsti per le varie circostanze nelle rispettive comunità di appartenenza interiorizzate.

Il protocollo stabilisce i segni (o forme), i significati, le norme (cioè ciò che è permesso, proibito e obbligatorio) e i valori (cioè ciò che è bello/brutto e buono/cattivo) e i margini di libertà applicabili all’interazione.

Chi vuole fondare una comunità di tipo nuovo dovrebbe cominciare col definire nuovi protocolli di interazione.


Gli esseri umani, si sa, sono tutti diversi, ma le differenze possono essere più o meno grandi. Che succede quando due persone con mentalità molto diverse si incontrano? Può succedere di tutto: antipatia, sospetto, incomprensione, paura, odio, disprezzo, violenza ecc.

Cosa determina la differenza di mentalità tra due esseri umani? L’ignoranza.

L’ignoranza è la matrice della diversità. Così come le conoscenze scientifiche avvicinano le persone, le rendono più simili.


Ora sono solo nella mia stanza, ma prima o poi potrò (dovrò?, vorrò?) incontrare altri umani, e allora dovrò comunicare con essi. Infatti non potrò ignorarli (come se fossero cose inanimate o animali). Non si può ignorare un essere umano che ci sta davanti, ovvero non ci si può comportare come se non ci fosse.

Ogni incontro comincia con il solito protocollo (conscio o inconscio) di espressione delle proprie intenzioni e di riconoscimento dell’altro. Ognuno dovrà dire (in modo esplicito o implicito) chi è e cosa intende fare rispetto all’interlocutore, oltre ad indicare cosa pensa e che sentimenti ha verso di esso, e cosa da esso cerca o si aspetta.

Per indicare tutte quelle cose userà un linguaggio formale o informale, esplicito o implicito, fatto di parole, di modelli, di pattern, di gesti il cui significato “dovrebbe” essere condiviso.

Insomma, quando due persone s’incontrano esse sono tenute a dichiarare la propria identità sociale, le proprie intenzioni, le proprie pretese, e le proprie proposte l’una rispetto all’altra. Ciò può essere fatto in modi che possono essere più o meno “rispettosi”, nel senso che ognuno esprime, esplicitamente o implicitamente il grado di rispetto che ha per l’altro, grado che tiene conto anche del proprio status rispetto all’altro. In altre parole, i rispettivi status (che implicano le rispettive posizioni gerarchiche) vengono messi a confronto, e sul risultato del confronto ci può essere più o mneo accordo o disaccordo.

Si può dire che, sin dai primi attimi di ogni incontro usuale o inusuale, le persone devono mettersi d’accordo sul definire il rapporto gerarchico tra di esse, e il loro rapporto in generale, ovvero le rispettive appartenenze, i rispettivi ruoli, i rispettivi valori (etici, estetici e logici), ovvero i rispettivi obblighi e divieti, ecc.

Ovviamente, nell’incontro tra due persone, ognuna di esse può scegliere quanto rivelare e quanto nascondere di se stessa e delle proprie aspettative nei confronti dell’altra, ma tale scelta ha conseguenze importanti. Infatti, quanto meno io rivelo di me stesso, tanto più l’altro mi vedrà con diffidenza, e mi temerà, non sapendo quali intenzioni io abbia “realmente” nei suoi confronti, ovvero se mi può considerare amico o nemico, cooperatore o competitore, maestro o allievo ecc.

Il problema forse più imbarazzante che si pone nell’incontro tra due individui è l’eventuale disinteresse o disgusto di uno di essi (o di entrambi) verso l’interlocutore. Su questo aspetto ognuno applica solitamente un’autocensura. Infatti, scoprire che una persona non è interessata ad interagire con noi, o è disgustata dalla nostra presenza, ci rende quella persona antipatica, e stimola una certa ostilità (che diventa presto reciproca) nei suoi confronti. Per evitare tale ostilità, si sceglie solitamente di occultare o dissimulare i propri pensieri e i propri sentimenti verso l’altro.

Questa è la menzogna più comune: negare il fatto che non ci interessa, e forse ci disgusta, interagire con il nostro interlocutore del momento.

Tale menzogna è causa d’angoscia come ogni menzogna consapevole, in quanto comporta il timore che venga scoperta, e la necessità di nasconderla.

Ecco alcune domande fondamentali da cui dipendono i rapporti interpersonali:

Tutte queste domande possono essere ridotte ad una (un cui X indica qualsiasi persona, me compreso, o l’interlocutore del momento):

Con chi, come, e perché X vuole o non vuole interagire?

Per concludere, se vogliamo superare l’angoscia delle menzogna sociale, ovvero la paura che il nostro disinteresse o disgusto venga svelato, conviene essere consapevoli di essa e del fatto che si tratta di qualcosa di molto comune, anzi, “normale”.


Quando due persone si incontrano, ciascuna è guidata da due «direttori» che possono avere idee conflittuali su come interagire con la persona incontrata. Il primo direttore è l’inconscio, il secondo è l’io cosciente. Il direttore che prevale in caso di conflitto tra le rispettive volontà è solitamente l’inconscio.

La logica dell’inconscio è sostanzialmente emotiva, nel senso che esso comanda di assecondare le attrazioni e le repulsioni che si sono formate a seguito delle esperienze vissute; la logica dell’io cosciente dipende dalle conoscenze apprese riguardanti i rapporti interpersonali.

La logica razionale che io ritengo più efficace per determinare come intergaire con una data persona dipende dalle risposte alle seguenti domande:

In altre parole, le possibilità di cooperazione tra due persone dipendono da ciò che esse condividono e ciò che non condividono, e dall’incontro tra le domande e le offerte espresse esplicitamente o implicitamente da ciascuna di esse.